«Ci troviamo peggiori di ciò che pensavamo». Colpisce che il presidente del Consiglio abbia aperto con questa considerazione, tanto amara quanto realistica, il suo importante intervento agli Stati Generali della Natalità. È vero, la storia recente delle nostre società occidentali non è stata sempre una linea retta lanciata verso l’alto, verso magnifiche sorti di progresso economico, sociale e umano. Ma più che fisiologiche flessioni, ciò che si osserva oggi è il frammentarsi di quella stessa linea in tanti puntini, e il suo andamento impazzire, come se non si conoscesse la direzione verso cui puntare, il bene verso il quale tendere. Come non si sapesse più di sé, della propria verità e della propria speranza.
Così oggi che «siamo più sinceri nel vedere le nostre fragilità», per dirla ancora con Mario Draghi, «e vediamo il danno che abbiamo fatto al pianeta e quello a noi stessi… la questione demografica, quella climatica e delle diseguaglianze» tornano ad apparirci essenziali. Torna a essere percepito che avere figli, costruire una famiglia (capace di essere generativa anche quando non si hanno bambini) non è un sacrificio, ma una realizzazione.
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